La povera Rosetta della Vetra
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La vera
storia del fatto di cronaca nera più famoso legato al mondo della “mala”
milanese Articolo di
Luciano Visentin tratto dal Corriere della Sera del 25 febbraio 1980 |
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Lunedì 25
Febbraio 1980 CORRIERE DELLA SERA - CORRIERE MILANESE IN UN'ISTANTANEA SEGRETA LA LUCCIOLA D’INIZIO SECOLO
PROTAGONISTA DI UNA DELLE STORIE PIU' POPOLARI Ecco la Rosetta di piazza
Vetra, «ammazzata in una notte
oscura» L'immagine forse
unica, uscita dalla vecchia scrivania di un defunto negoziante – Una scritta:
"Mi hai dato le più belle ore d'amore» |
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Questa è la storia di una vecchia fotografia di un
leggendario delitto e di un'epoca perduta. Come un viaggio all'indietro nel
tempo tra i fatti e le voci e le emozioni che hanno lasciato un segno
indelebile nello spirito ambrosiano. La fotografie della «bella, Rosetta» o
della «povera Rosetta»: insomma dì quella sventurata che una canzone popolare
ricorda ammazzata in piazza Vetra, dagli «agenti di questura». E veniamo come
questa foto entra improvvisamente nella cronaca dell'anno 1980. In casa del signor Armando Forcolini commerciante in libri e stampe d'arte, via Juvara 3, c'é ancora l'antica scrivania del padre Guido morto alcuni anni fa, quando ne aveva novantuno. |
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Forcolini figlio sapeva vagamente che quella scrivania era piena di «segreti», cioè di cassetti nascosti e mimetizzati; ma non era mai andato a curiosare forse anche per un residuo senso di rispetto verso il padre, che difendeva gelosamente i suoi piccoli misteri. L'altro giorno pero, una mano di Armando Forcolini è andata - chissà come, chissà perché – a infilarsi in un cassettino molto riposto della scrivania, ed è finita sopra una foto, avvolta in una pagina di quaderno. La foto è quella che pubblichiamo; e sulla paginetta papà Forcolini aveva scritto, con mano tremolante: «Rosetta, mi hai dato le più belle notti d'amore dalla mia vita». Alla Colonnetta
Una scrupoloso controllo tra
le diverse pubblicazioni e le rarissime immagini attribuite alla famosa
Rosetta di piazza Vetra ha convinto Armando Forcolini che la foro trovata nel
cassetto era autentica: proprio lei, la povera Rosetta morta ammazzata mentre
faceva il suo amaro mestiere alla Colonnetta. In realtà, il ritratto - ormai
unico, crediamo, e tale nel suo genere da potar essere classificato come
documento - non lascia margine di dubbio. Il volto, di solida geometria
lombarda, con gli occhi e 1a bocca venati di una sensualità istintiva,
lievemente maliziosa e lo stesso che troviamo in una sbiadita fotografia
pubblicato dalla «Virgilio», a illustrazione della bella Rosetta di Severino
Pagani. Il resto è proprio quello che si poteve sperare di trovare sotto i
panni dalla generosa fanciulla. A questo punto, siamo tenuti
a registrare la scoperta di Armando Forcolini come un concreto fatto di
cronaca, anche perché la fotografia trovata nel cassetto ha riproposto a
Forcolini figlio una diversa immagine del padre, così come rievoca a noi una
vecchia Milano color seppia, dolce, romantica e folle, quale rimane soltanto
nelle canzoni. La Rosetta, tanto per
cominciare, era cliente di Guido Forcolini. Ma partiamo dall'inizio.
Forcolini padre, nativo di Venezia, era venuto a Milano con la moglie Maria,
di fiera razza veronese, e con una smania di paternità che lo portò a
generare - grazie al decisivo contributo della sposa - tredici figli, tra i
quali Armando. Aprì bottega in via Torino 57, dove c’è ancora un negozio,
condotto da un nipote, con il suo cognome. Fu il primo, a Milano, a
vendere calze colorare alle donne che all'inizio del secolo le portavano
nere. Colorate, per modo di dire: beige, fumee, noisette, miele (termine che
nero allora non si usava). E tra le sue clienti c'era appunto la Rosetta: non
comprava soltanto calze, ma anche golfini, capi di biancheria. Forcolini la
serviva volentieri e con zelo, tanto che la moglie in negozio c'era di rado,
avendo sempre un figlio da allattare. «E sa come ci allattava? - rivela
Armando - Con la pipa in bocca. Era una doma eccezionale». Spesso, la Rosetta si
presentava nel negozio di via Torino insieme con la madre della quale si
sapeva che era forte bevitrice scostumata e avida di denaro. Girava voce -
pare addirittura che lei se ne vantasse sfacciatamente - che avesse venduto
la figlia a un ricco signore, quando era ancora una ragazzina di tredici
anni, spianandole così la via del marciapiedi. Incerte biografie dicono
invece che la Rosetta (per l'anagrafe Elvira Andressi) avesse preso la
carriera molte alla larga, esibendosi come canzonettista al Sammartino in
piazza Beccarla, con il nome d'atre di Rosetta de Woltery. Ma questo ai
nostri fini importa poco. Di sicuro c'e che la Rosetta
abitava in piazza Vetra e che lì, come dice la canzone «batteva». La
Colonnetta che precisa il «posteggio» era forse un'osteria con quel nome; o
forse, dopo la Colonna Infame eretta contro il povero Gian Giacomo Mora
accusato di pestifera unzione, al suo posto ne era comparsa un'altra, in
seguito scomparsa. Anche questo può restare nel forse. Saltiamo pure a quella
«notte oscura» (il 24, o torse 26, agosto 1914) in cui la sventurata, non
ancora ventenne, venne uccisa. -«In casa mia - ricorda Armando Forcolini - se
n'è parlato per anni. Si diceva che lei passasse dal Carrobbio in carrozza,
con il suo amante fisso, diciamo un “rocchettee. Un poliziotto li ferma, vuol
vedere i documenti dell'uomo. Lei si intromette; e siccome l'agente era
innamorato di lei, che lo respingeva, lui tira fuori il suo stiletto e,
insomma, l'ammazza». Funerale della mala
Secondo il Raffaele Bagnoli
fine cultore di costume meneghino - sotto le cui finestre in corso Ticinese,
angolo Vetraschi, la Rosetta andò a trascinarsi morente, in quella notte
piena di urla e di orrore, perché allora la mode di una prostituta era ancora
qualcosa - la poveretta fu invece ammazzata a colpi di calcio di moschetto.
Sicuro è che fu ammazzata, proprio per gelosia, e che al funerale la malavita
milanese partecipò con fori, lacrime e spavalda ostentazione. Il «Corriere
della Sera», con l'aria di guerra che tirava, non trovò spazio per la notizia. Riprodotta la foto per
stamparla, restituiamo l'originale ad Armando Forcolini, che contempla
l'immagine, assorto. «Tutte le volta che si parlava della Rosetta - dice
sorridendo - mio padre cambiava discorso, o faceva finta di scandalizzarsi.
sul ... mestiere che lei faceva. "Baloss, d'On baloss" . Scuote
il capo come a compatirsi, come chi arriva tardi a capire o a conoscere
qualcuno. Luciano Visentin |
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Il testo della canzone
La Povera
Rosetta
L'assassinio della Rosetta
trovò subito eco in una canzone popolare. Nata negli ambenti della
"mala" e cantata poi nelle piazza dai cantastorie. Esistono,
inevitabilmente versioni diverse; la più accreditata è la seguente: Il
tredici di agosto In una notte scura Commisero
un delitto Gli
agenti di questura. Hanno
ammazzato un angelo Di
nome la Rosetta Era
di piazza Vedra Battea
la Colonnetta. Chi
ha ucciso la Rosetta Non
è della Libera Forse
viene da Napoli È
della mano nera. Rosetta
mia Rosetta Dal
mondo sei sparita Lasciando
in gran dolore Tutta
la malavita. Tutta
la malavita Era
vestita in nero Per
‘compagnar Rosetta Rosetta
al cimitero Le
sue compagne tutte Eran
vestite in bianco Per
‘compagnar Rosetta Rosetta
al camposanto Si
sente pianger forte In
questa brutta sera Piange
la piazza Vetra E
piange la Libera Oh
guardi calabrese Per
te sarà finita Perché
te l’ha giurata Tutta
la malavita Dormi
Rosetta dormi Giù
nella fredda terra A
chi t’ha pugnalato Noi
gli farem la guerra, a
chi t’ha pugnalato noi
gli farem la guerra. |
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